“ Unica ancora di salvezza per chi soffre e per chi assiste alla sofferenza di chi ama, è la speranza! Speranza di guarire, di soffrire il meno possibile… A volte pure speranza che finisca presto e dignitosamente, perché non è più vita, ma solo dolore senza senso”

Ci sono modi di soffrire e modi di arrivare alla morte. Tantissime patologie, malattie pronunciabili e non, cure sperimentali e cure invece inutili perché il risultato è sempre stato il medesimo. Oggi possiamo dire che la parola Hospice è sinonimo dell’ ultimo tratto di vita che una persona affetta da malattia oncologica in stato avanzato percorrerà su questa terra. Ma non tutti i malati terminali sono affetti dal cancro, ci sono molte altre patologie ugualmente inguaribili e dolorose. L’Hospice è un centro residenziale di cure palliative e con l’ospedale ha poco o niente in comune. Deve essere organizzato in modo tale da garantire il benessere psicologico del malato e dei suoi familiari, permettendo loro di far visita a qualunque orario e se si desidera pure di pernottare nella struttura stessa accanto a chi assistono. I problemi sono più di uno. Rilevante è il fatto che quasi mai gli Hospice ottemperano patologie che non siano oncologiche. Impressionante, in quanto da’ molto a cui pensare, è che solo il 30 per cento dei pazienti oncologici entra a far parte di quella cerchia che può beneficiare di tali cure. Il resto è costretto ad appoggiarsi agli ospedali oppure a richiedere assistenza domiciliare. Le strutture sono poche e mal distribuite tra il Nord e Sud Italia. Per esempio in Lombardia vi sono addirittura 69 Hospice , mentre in Calabria solamente 5. Chi non riesce ad accedere agli Hospice e non può stare a casa vista la complessità e gravità della propria situazione, muore in ospedale, dove le cure palliative vengono garantite in modo discontinuo, e questo accade nel 50 per cento dei casi. Teniamo pure presente che queste terapie non riguardano esclusivamente il periodo terminale dell’esistenza, ma spesso dovrebbero essere prescritte fin dai primi stadi di patologie considerate inguaribili. Dovrebbero, ma… Ma c’è poca informazione anche in ambito medico e soprattutto poca sensibilità al dolore altrui. Il 63 per cento degli Italiani non conosce il diritto che abbiamo di ricevere tali cure, non sa’ dell’esistenza della legge 38 del 2010 e molti, come è successo alla sottoscritta, scoprono tardi il diritto dei malati ad una morte dignitosa. Sperare in una guarigione o almeno in un decorso della malattia il meno possibile doloroso è e rimane un nostro diritto che troppo spesso non ci viene concesso. La Terapia del Dolore e quindi le relative Cure Palliative devono divenire una certezza anche all’interno dei nostri ospedali. Mio pensiero e proposito forse utopistico, visto che in molti hanno definito la mia campagna di sensibilizzazione come una battaglia contro i mulini a vento, è che la Terapia del Dolore divenga protocollo medico. Un protocollo al quale i Signori Dottori non possano sottrarsi se non per espressa volontà del paziente o dei suoi familiari. Perché ci vuole umanità anche nella morte, anche negli ospedali, umanità fino all’ultimo respiro!