Toccante racconto pubblicato sulla Repubblica del 4 Settembre, di una figlia che ha assistito la propria Mamma per dieci anni a casa propria. Arrivato improvvisamente un peggioramento chiama il 118 che voleva portarla in ospedale a morire su “una barella”, “ tanto non capisce” le è stato detto. Chiamati gli anestesisti per alleviarle le sofferenze ma niente da fare, stessa risposta, la porti in ospedale. Chiamata una Associazione di Cure Palliative ma ci sarebbero voluti giorni. Insistendo in tutti i modi dopo 30 ore arriva una loro Dottoressa che l’ha accompagnata alla fine della vita con dolcezza. Chiede questa signora, possibile che a Torino non esista un numero, un informazione adeguata per sostenere coloro che scelgono di tenere i loro cari non più autosufficienti a casa e si trovano in emergenza? Un po’ di umanità insomma! Due mesi dopo racconta la stessa donna che in un piccolo paese della Toscana presenzia alla morte della zia, amorevolmente supportata dal medico di guardia e dal collega del 118. Altra storia, altra dignità, che da qualche parte esiste…

Già proprio da qualche parte esiste. È fortuna e dipende da chi incontri. Non dipende se ti trovi in una piccola o grande città, in un ospedale famoso o meno. Dipende da chi trovi. Ma anche no, perché ci sono leggi che lo affermano, abbiamo diritto a soffrire il meno possibile, abbiamo diritto ad umanità e rispetto della nostra dignità. Ma dobbiamo noi esigerlo, perché il sistema viaggia sulla nostra ignoranza e sull’omertà di molti. Non siamolo anche noi, diamoci la possibilità di guardarci allo specchio senza vergognarci di non aver tentato, di non aver provato a darci l’opportunità di aiutare gli altri e pure noi stessi.