Gentile Maria Cristina, sono anni che sono a conoscenza dell’esistenza dell’AVAPO e come me credo lo siano pure molti di coloro che seguono questo sito. Ne ho quasi sempre sentito parlare positivamente e da lontano posso immaginare che chi per esigenze personali o familiari ne ha avuto a che fare, quanta gratitudine e sollievo abbia  trovato nel vostro operato. Dico da lontano perché la nostra storia che ha dato poi vita a questo progetto di informazione e condivisione che questo sito si propone, è stata caratterizzata da un ricovero ospedaliero di tre mesi che a parlarne sembrano pochi ma viverli e trovarsi impotenti dinanzi alla sofferenza di chi ami e’ devastante e ti segna per sempre, soprattutto se poi scopri che si poteva alleviare una gran parte delle sofferenze, ma non lo si è voluto fare. Non sto qui a parlarle di cosa vuol dire vivere e respirare dolore ogni giorno visto il suo ruolo di volontario, si fermi però solo a pensare un attimo cosa potrebbe provare Lei se succedesse tutto questo ad una persona cara al suo cuore, trovando dinanzi tutte le porte chiuse ripetutamente. Fosse il nostro stato un episodio sporadico non sarei qui a scrivere, ma ne ho conosciute di persone, di famiglie, sia personalmente che via web, che hanno subito e visto subire ingiustizie del genere. Siamo in tanti solo che molti tacciono per motivi tra loro diversi, ma rimarranno per sempre provati da quello che hanno vissuto. La patologia della mia Mamma non era oncologica e mi corregga casomai, ma da quanto ne so’ la vostra associazione presta servizio quasi se non esclusivamente nei casi di malati di tumore. La legge, quella che molti di noi non conoscono, garantisce il diritto a non soffrire a tutti i malati inguaribili, quindi non solo a quelli oncologici, e soprattutto non si fa’ distinzione se il paziente si trovi in convalescenza a casa o ricoverato in ospedale. Invece purtroppo questa importante differenza c’è e credo converrà con me sul fatto inconcepibile che alle porte del 2020 le Cure Palliative non facciano ancora parte del famoso protocollo medico dei nostri ospedali. Questa si’ che è una vera vergogna, perché devi affidarti alla fortuna di chi trovi , se chi ti cura oltre ad essere un professionista ha un cuore, oppure è interessato unicamente alla propria carriera. Chapeau all’Avapo ed alle associazioni come la vostra che operano nelle nostre città , ma dove ci sarebbe ancor più bisogno di rispetto della dignità del paziente e di chi lo assiste, cioè negli ospedali, troviamo invece una mal celata tolleranza, un asservimento silenzioso ma tangibile al potere delle case farmaceutiche ed una umanità in troppi casi dimenticata e sostituita da freddezza e menefreghismo. Sempre ricordando che una persona affetta da tali patologie non soffre solo a fine vita ma durante tutto il percorso della malattia, e parliamo di dolore fisico ma pure mentale, aspetto questo poi nemmeno considerato. Le Cure Palliative come di certo lei sa’ dovrebbero in tali casi affiancare le cure mediche passo dopo passo, fino ad arrivare ad un punto di non ritorno e solo allora porsi come unica soluzione per una morte il meno dolorosa e il più umana possibile. Ma così non è! Con la presente colgo l’occasione per ringraziare lei e tutti coloro che donano il proprio tempo, i propri sforzi per portare sollievo dove il dolore è tanto, voi che cercate di portare un po’ di luce dove non c’è più gioia ne speranza. Ad ognuno il suo ruolo, questo è il mio che il mio cuore ha scelto, consapevole che il passato non si può cambiare, ma cercare di rendere il futuro di qualcuno meno doloroso sì !