Il peggio di quello che pensavi e credevi può sempre succedere ed anche tu, noi possiamo trovarci improvvisamente scaraventati nel vortice della disperazione, il presente lo dimostra. Ora che ci è imposto un periodo di stop a tutto ciò che prima occupava il nostro tempo e la nostra mente, fermiamoci a pensare non da egoisti e supponenti, ma da persone che si trovano controvoglia in balia di una situazione di emergenza e che ci porta, sempre se lo vogliamo, a riflettere su infinite cose che potevamo fare o non fare prima di questa epidemia, ma pure su come potremmo comportarci un giorno quando si ritornerà alla normalità . Attenzione però non sarà la normalità di prima, anche se non abbiamo perso nessun nostro caro, anche se stiamo bene in salute, scordatevi che si tornerà come prima! Personalmente credo sia la fine di un mondo e l’inizio di una nuova era. Le mie speranze sono molte, tra queste che vengano a mancare molti comportamenti egoisti ed irrispettosi verso il prossimo,  per far emergere empatia, condivisione, umiltà e rispetto. Non sarà per tutti ma spero lo sia per molti, sia nei risvolti quotidiani che in quelli saltuari ma non per questo meno importanti. In questi giorni, mesi di isolamento forzato prendiamoci cura di noi stessi per poi un giorno essere pronti a dare agli altri. Anche il mondo ospedaliero sta vivendo drammaticamente una rivoluzione mai vista ma resa necessaria dagli eventi odierni e sicuramente fondamentale per quelli futuri. Perché una epidemia e la sua conclusione non esclude che non ne vengano altre in futuro, la storia ce lo insegna anche fin troppo bene. Che sia un cambiamento positivo sia nelle strutture messe a disposizione dei malati e sia dal punto di vista umano, che si riacquisti quella dimensione così importante del rispetto della dignità delle persone. Un nostro grande e profondo pensiero va a chi non c’è più causa questo virus, ai loro cari che crudelmente non hanno potuto assisterli, salutarli nemmeno con gli onori funebri, ed ai quali nemmeno l’ultimo bacio, l’ultimo abbraccio sono stati concessi . È stata loro risparmiata la visione della sofferenza ma gli è stata inflitta in cambio una sofferenza altrettanto difficile da accettare, quella dell’abbandono, dell’assenza che anche se forzata e non per volontà loro, li tormenterà per sempre. Ho letto che molti se ne sono andati pienamente lucidi, mentre in altri casi si è ricorsi alla sedazione palliativa. Non posso non pensare che se questa legge 38 fosse stata pubblicizzata come si doveva, se fosse stata applicata in pieno anche negli ospedali e non solo negli Hospice, si sarebbe potuta proteggere ogni persona morente dal dolore e ci sarebbero state ed esserci tutt’oggi delle morti giustamente dignitose. Ora che a disperarsi sono gli infermieri ed i medici che mai hanno visto tanta sofferenza perché così concentrata per luoghi e tempo. Ma quanta sofferenza, quanta disperazione c’è sempre stata? Infinita, solo che prima era diluita nei vari casi clinici, nei vari ospedali e reparti dell’Italia intera. Perché le patologie sono molte, perché non si muore solo di coronavirus ( anche se morire a causa di questa “ brutta bestia” è come morire due volte, perché prima ti sottrae ai tuoi affetti, alla loro presenza e poi ti uccide).  Ci sono anche i batteri che oramai vivono in queste strutture e che sono altrettanto distruttivi ( piccola parentesi : da quanti anni non si sanificavano così dettagliatamente i vari reparti ospedalieri?) . Per non parlare poi delle patologie oncologiche, delle malattie neurovegetative, delle patologie con decorso infausto e doloroso. Chissà che tutto ciò sia anche il trampolino di lancio per queste cure (palliative) che sono praticamente inesistenti e sconosciute da molti, da troppi e che da altri invece sono volutamente ignorate perché non li toccano direttamente. Fatto sta che dalle situazioni peggiori nascono le opportunità migliori, questa è una di quelle che auguro ad ognuno di noi, che finalmente veniamo rispettati e considerati umanamente anche nella malattia, sempre, in ogni frangente .