Scoprire che non è proprio come credevi, rendersi conto che la realtà è così diversa e va contro ogni tua certezza. Di quante cose crediamo di essere sicuri? Tante ed è una convinzione che il tempo in cui viviamo ci ha appiccicato alla pelle, pezzo per pezzo, dandoci una finta idea che l‘essere umano può tutto. Ma certo che può, quasi tutto, ma che tutto? Tante cose, ma pure imprese negative, dannose e non rispettose di chi ha vicino e di chi gli succederà in questo mondo. Proprio stamattina bevendo il mio primo caffè da cliente in un bar del centro, seduta comodamente all’aria aperta, un simbolo per me di una certa ritrovata normalità, ho incrociato una cara persona. Due chiacchiere di convenevole e poi mi esce dicendomi di quanto ancora soffre per la perdita dello zio, ma sottolinea soprattutto per il modo, e sbotta dicendomi: “ Ma perché cavolo ci fanno e lasciano soffrire così tanto anche sapendo che non ci sono speranze?” Che rispondere? Tante le parole che mi sono passate per la mente ed arrivate quasi alla soglia della bocca, ma alla fine ho solo potuto dire che non è giusto, non è umano ma è così. Non sempre perché le storie sono una diversa dall’altra, ma succede, quanto spesso non posso confermarlo. Posso però dire che quando assisti e vivi agonie di sofferenza senza senso rimani segnato per sempre con un certo amaro in bocca ed un senso di impotenza insopportabile. Mi spiace per la mia amica, per il suo caro zio e per chi ne soffre oggi e ne soffrirà sempre. Perciò parliamo pure di terapia del dolore, di cure palliative, conosciamole e con esse i nostri diritti, troppe volte taciuti da chi invece dovrebbe tutelarci, difenderci ed evitarci più sofferenza possibile. Diamo la colpa al sistema sanitario, a quello politico, alle persone che esercitando la professione di medico dovrebbero prendersi cura dei pazienti e che non sempre lo fanno, a chi come me, come la mia amica sono testimoni di ingiustizie e che alcune volte scelgono come ho scelto io di non tacere, altre volte invece tacciono e proseguono la loro vita nascondendo i ricordi e la consapevolezza di aver vissuto ingiustizie allo stato puro. Tutto va bene finché va bene e poi? Poi è questione di fortuna di come si arriva al capolinea e di come si viene assistiti, nonostante ci siano leggi e diritti ben precisi, poco conosciuti e di cui si parla a stento e che spesso vengono ignorati da chi dovrebbe conoscerli ed informare i beneficiari. Aggiungiamo la mancanza a livello formativo di una figura professionale come quella del medico palliativista che quindi nelle strutture ospedaliere basilari non è nemmeno presente. Poi la non formazione basica sulle cure palliative dei medici specifici. Infine una cultura che non alimenta la necessità di morire dignitosamente in quanto in molti sono convinti che a loro non capiterà mai, cioè sono convinti della propria onnipotenza. Ecco qui completato il quadro di una società disinformata, poco interessata al prossimo e troppo convinta della propria forza fisica, della sua inattaccabilità. Concorderete con me che questa specie di certezza è stupida e che si affida ad una convinzione senza alcuna base solida, basti pensare che pochi di noi moriranno improvvisamente o per vecchiaia, i più sono destinati ad ammalarsi ed a soffrire, sempre che non trovino dei veri medici, che esistono, che li aiuteranno a mantenere il più possibile intatta la loro dignità umana. C’è ancora tanto da fare, da dire, da condividere. Teniamo quindi sempre presente la legge 38/2010 e suoi successivi decreti e leggi che la completano. Usiamo il tutto, dovesse servirci, come scudo per proteggerti, per proteggere i nostri cari e per reclamare i nostri inviolabili diritti, troppe volte calpestati da mancanza di umanità e da troppo opportunismo!