Daniela è un’infermiera che lavora in un importante ospedale di una delle nostre città più famose ed industrializzate. Mi ha scritto in privato perché anche se desiderava esprimere il suo pensiero e raccontare la sua esperienza, non voleva incorrere in sanzioni lavorative proprio per il ruolo che ricopre. Prossima alla pensione si definisce un pesce fuor d’acqua nelle corsie che ogni giorno percorre. Con suo grande rammarico e  con sincera tristezza afferma e descrive quanto è cambiato, in peggio, l’ambiente ospedaliero. I problemi sono e rimangono tanti anche dalla parte di chi vorrebbe fare quel qualcosa di naturale visto il lavoro che svolge, ma si ritrova con mani legate e bocca cucita da amministrazioni dispotiche e politicanti. Daniela nelle sue parole mette l’accento su come lo definisce lei, un dato di fatto. Non c’è più quasi nessuno che considera questa professione come anche una missione, ma solo un mezzo per arrivare a fine mese. Dicasi lo stesso, purtroppo, anche per la categoria Medici. Le mosche bianche sono anche qui rarissime. Lei si chiede il perché e lo fa raccontando di un mondo disumanizzato anche a livello assistenziale . Le storie sono tante, incredibili e inaccettabili , soprattutto dal punto di vista umano. La mia risposta è che si non posso darle torto se analizzo la mia esperienza personale. Poca luce e tanto buio hanno visto i miei occhi in quei tre mesi, sia per quanto riguarda i Medici che per chi della mia “ vecchia famiglia” avrebbe dovuto per affetto almeno sostenermi, anche solo in silenzio. Però penso sempre alle poche ma splendenti luci, allora ancora sconosciute, che mi hanno accompagnata in questo triste cammino, perché ci sono ancora delle vere e belle persone, ed io mi ritengo molto fortunata di averle avute accanto quando più ne avevo bisogno. Voglio perciò sperare e continuare a farlo, perché poi la vita senza speranza che senso avrebbe? Voglio pure sperare che un giorno anche le Cure Palliative saranno riconosciute a tutti gli effetti in ogni angolo più nascosto dei nostri ospedali, perché è un nostro diritto poter scegliere di soffrire il meno possibile. Grazie a Daniela e a tutti coloro che nel loro lavoro ci mettono il cuore e non solo le conoscenze in merito.