Le cure palliative, legge 38 del 2010, favoriscono la consapevolezza del malato e la sua piena partecipazione alle scelte che lo riguardano. Nel caso fosse impossibilitato ad esprimersi, primo attore diviene la persona a lui più vicina, la quale ha il diritto ma pure il dovere di decidere al suo posto. Il confine tra il lecito ed il non lecito è molto sottile perché ci si può trovare in situazioni improvvise, caratterizzate da uno stato di malattia grave ed invalidante, senza che ci siano volontà espresse in precedenza dal paziente riguardo ai trattamenti medici ai quali avrebbe oppure non avrebbe voluto essere sottoposto. Per questo motivo sono state create le DAT , cioè le disposizioni anticipate di trattamento, che ogni persona maggiorenne, capace di intendere e di volere può redigere e depositare. Riguardano le volontà di ogni singolo cittadino in materia di assistenza sanitaria, in previsione di una eventuale impossibilità futura di decidere o comunicare. Sono regolate dalla legge 219 del 2017, entrata in vigore il 31 gennaio 2018. Si possono redarre da un notaio, presso un ufficio di stato civile del comune di residenza, presso le strutture sanitarie competenti nelle regioni che abbiano regolamentato la raccolta delle DAT, oppure presso gli uffici consolari italiani, per quanto riguarda i cittadini italiani all’estero. Sono esenti dall’obbligo di registrazione, dall’imposta di bollo e da qualsiasi altro tributo, imposta, diritto e tassa. Nelle stesse forme le DAT sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento. Ritornando a ciò che è lecito e cosa non lo è, rimane scandaloso ed inaccettabile umanamente che le cure palliative siano raramente appilicate all’interno degli ospedali e che per non soffrire ulteriormente, senza logica ragione, ci si deva affidare agli Hospice, strutture sempre in numero non sufficiente alle richieste e non specializzate per tutte le numerose malattie inguaribili non oncologiche. Sempre scarsa l’informazione sia a livello di mezzi televisivi e cartacei, sia a livello personale, perché nel prendersi cura di un paziente, il medico ha pure, tra tanti, il dovere di informare il paziente e chi lo assiste, dei suoi diritti in materia sanitaria, ancor più se si tratta di poter limitare il più possibile la sofferenza inutile e gratuita.